martedì 31 marzo 2009

Il dolce aroma del caffe'

“..Una figlia si lamentava con suo padre circa la sua vita e di come le cose le risultavano tanto difficili. Non sapeva come fare per proseguire e credeva di darsi per vinta. Era
stanca di lottare. Sembrava che quando risolveva un problema, ne apparisse un altro. Suo padre, uno chef di cucina, la portò al suo posto di lavoro. Lì riempì tre pentole con acqua e le pose sul fuoco. Quando l’acqua delle tre pentole bollì, in una collocò alcune carote,
in un’altra collocò delle uova e nell’ ultima collocò dei grani di caffè. Lasciò bollire l’acqua senza dire parola. La figlia aspettò impazientemente, domandandosi cosa stesse facendo il padre. Dopo venti minuti il padre spense il fuoco. Tirò fuori le carote e le collocò in un piatto. Tirò fuori le uova e le collocò in un altro piatto. Finalmente, colò il caffè e lo mise in una scodella.
Guardando sua figlia le disse: “Cara figlia mia, carote, uova o caffè?”

La fece avvicinare e le chiese di toccare le carote; ella lo fece e notò che erano soffici; Dopo le chiese di prendere un uovo e di romperlo, mentre lo tirava fuori dal guscio, osservò l’uovo sodo.

Dopo le chiese che provasse a bere il caffè, ella sorrise mentre godeva del suo ricco aroma.

Umilmente la figlia domandò: “Cosa significa questo, padre?” Egli le spiegò che i tre elementi avevano affrontato la stessa avversità, “l’acqua bollente”, ma avevano reagito in maniera differente. La carota arrivò all’acqua forte, dura, superba; ma dopo essere passato per l’acqua bollente era diventata debole, facile da disfare. L’uovo era arrivato all’acqua fragile, il suo guscio fine proteggeva il suo interno molle , ma dopo essere stato in acqua bollente il suo interno si era indurito. Invece, i grani di caffè, erano unici: dopo essere stati in acqua, bollendo, avevano cambiato l’ acqua.

“Quale sei tu figlia?” le disse. “Quando l’avversità suona alla tua porta, come rispondi?”

“Sei una carota che sembra forte ma quando i problemi ed il dolore ti toccano, diventi debole e perdi la tua forza?”

“Sei un uovo che comincia con un cuore malleabile e buono di spirito, ma che dopo una morte, una separazione, un licenziamento, un ostacolo durante il tragitto, diventa duro e rigido? Esternamente ti vedi uguale, ma dentro sei amareggiata ed aspra, con uno spirito ed un cuore indurito?”

“O sei come un grano di caffè? Il caffè cambia l’acqua, l’elemento che gli causa dolore. Quando l’acqua arriva al punto di ebollizione, il caffè raggiunge il suo migliore sapore.”

“Se sei come il grano di caffè, quando le cose si mettono peggio, tu reagisci in forma positiva, senza lasciarti vincere, e fai si che le cose che ti succedono migliorino, che esista sempre una luce che, davanti all’avversità, illumini la tua strada e quella della gente che ti circonda”.

Per questo motivo non mancare mai di diffondere con la tua forza e la tua positività, “il dolce aroma del caffe” …”

Io, ancora una volta, oggi ho avuto modo di gustare il dolce aroma del caffe’…e di poter godere della compagnia sulla mia strada di quello splendido chicco di caffe’ che e’ Ale…..e mi sento carica e piena di “senso”….

lunedì 30 marzo 2009

La principessa con il cappello

Non so quale sia il suo vero nome, la chiamano “la principessa con il cappello” e sembra uno di quei personaggi usciti da film francesi tipo “Amelie” o “Chocolat”. Non so nemmeno se e’ veramente una principessa ma so per certo che ha un cappello. Spesso mi incanto e la osservo dalla mia finestra. La sua stanza ha le pareti colorate di giallo e arancione e alla finestra ci sono delle tendine bordeaux . Chissa’ come deve essere stare li dentro quando il sole passa attraverso le tende…mi immagino che la stanza si colori di una luce calda proprio come lo e’ il sole.

Dal soffitto pendono degli oggetti che suonano con il vento ed una lampada egiziana a forma di stella che di notte, quando e’ accesa, illumina la stanza creando dei disegni sulle pareti.

Vicino alla finestra c’e’ anche un cavalletto da pittore e appeso a questo c’e’ un cappello con tanti bigliettini colorati arrotolati e legati con lo spago…Spesso la vedo avvicinarsi al cappello e attaccare un nuovo biglietto….chissa’ cosa scrive su quei biglietti…i suoi desideri? I suoi sogni? O forse dei nomi? O delle frasi?

Mi ricordo ancora l’emozione che ho provato quando, un giorno, l’ho vista staccare uno di quei biglietti colorati, tenerlo per un po’ tra le mani con gli occhi chiusi e poi… il biglietto si era trasformato in farfalla e volava via dalle sue mani!

Oggi la principessa con il cappello mi ha guardato, mi ha sorriso ed ha fatto volare via dalle sue mani due farfalle… una era azzurra e l’altra rossa.

Alla prossima volta

BB

domenica 29 marzo 2009

Jolly e Templari


Appuntamento al villaggio al calar del sole, l'ora in cui tutto sembra avere un fascino particolare.
Il cielo e' color rosso/arancio ed in qualche punto sta gia' diventando color lavanda (il fiore di questi posti) ed in altri ancora e' gia' indaco. Un cielo dai colori sapientemente sfumati e accostati tra loro come fossero dipinti da uno dei tanti pittori che hanno scelto di vivere qua.
Questa e' la scenografia che e' stata preparata dalla natura per festeggiare l'arrivo dei Templari a Biot.
Rullo di tamburi, rumore di passi pesanti e sicuri: arrivano i manti bianchi crociati.
I volti seri, segnati dalla fatica, sono cavalieri che portano il peso di una armatura che comporta anche una certa responsabilita',non guardano la folla perche' il loro sguardo e' alto e fiero. Rimango colpita e provo una sorta di paura per questi personaggi quando mi passano vicino ed il cuore per un attimo si mette a suonare come i tamburi che li seguono. Sento vibrare le emozioni in tutto il corpo ma la mia attenzione viene presto catturata dalla figura del jolly,dai suoi occhi e da quello strano sorriso...
..e' lui che davanti ai Templari apre il corteo, con i suoi campanellini che si riescono a sentire nonostante il frastuono dei tamburi e dalla folla.
Il viso segnato da qualche ruga e da una cicatrice sulla guancia destra, sorride ed accompagna con rime cio' che sta per accadere.
Vengono consegnate le chiavi della città e lui e' li' al centro di questo importante evento insieme ad illustri personaggi.
Conclusa la cerimonia, grandi applausi della folla che grida “viva la France” mentre il jolly lancia in aria petali di fiori colorati e grida al cielo il suo motto “viva la Vie!”
Assistere a questa scena e' per me cosi' emotivamente forte che una lacrima dolce e lenta segna la mia guancia sinistra.
Ed il mio pensiero vola alla definizione di creativita', alla teoria della duplice attenzione della quale pare siano dotati artisti e le persone che “ vedono oltre” e vedono le situazioni contemporaneamente in un modo e nell'altro. Essere creativi significa essere al centro ed al contempo esserne fuori...Essere jolly significa avere una grande responsabilita' e nonostante l'apparenza avere un'anima molto seria.
Mentre il corteo si scioglie e lentamente cammino verso casa mi frullano in testa altri pensieri:
chissa' che persona si nasconde sotto quei vestiti....ma soprattutto....Jolly si nasce o si diventa?
…e su questa ultima domanda "Marzulliana" rido...

... à la prochaine
bb


Dedicato a tutti i jolly che ho incontrato ed incontrero' sulla mia strada e davanti ai quali non posso far altro che salutarli con un inchino e sussurrare il loro motto : “viva la vie!” .

venerdì 27 marzo 2009

Dedicato al lieto fine...

…quando lavoravo alla scuola ebraica mi capitava spesso di ascoltare il rabbino che raccontava storie ai bambini prima di ogni mia lezione. Una storia tra le tante che ricordo e’ questa :

“ Baal Shem Tov era un rabbino molto conosciuto all’interno della sua comunita’:tutti dicevano che era un uomo talmente buono e puro che Dio ascoltava le sue parole quando lui parlava. Nel paese si era creata una tradizione: tutti quelli che avevano un desiderio o avevano bisogno di superare un momento difficile andavano a trovare il rabbino.Il rabbino in un giorno speciale li radunava tutti e li portava in un luogo che solo lui conosceva , un luogo unico nel cuore del bosco. Una volta giunti li’ allestiva un falo’ con rami e foglie dandogli una forma particolarissima e poi intonava una preghiera.E si dice che a Dio piacessero cosi’ tanto le parole che Baal Shem Tov pronunciava e che fosse talmente affascinato da quel falo’ e da quel raduno di persone in quel luogo nel bosco che non poteva resistere alle richieste ed esaudiva i desideri di tutti coloro che erano li’.
Quando il rabbino mori’ la gente si accorse che nessuno conosceva le parole che Baal Shem Tov pronunciava pero’ conoscevano quel luogo nel bosco e sapevano come allestire il falo’.Da allora, rispettando la tradizione, tutti quelli che ne sentivano la necessita’ si riunivano nello stesso luogo nel bosco, accendevano il fuoco cosi’ come avevano imparato a fare dal vecchio rabbino e non conoscendo le parole cantavano una canzone o recitavano un salmo o stavano semplicemente a guardarsi, a parlare intorno al fuoco. E si dice che a Dio piacesse cosi’ tanto quel fuoco acceso e gli piacessero cosi’ tanto quelle persone intorno al fuoco che sebbene nessuno pronunciasse le parole giuste esaudiva lo stesso i loro desideri.
Il tempo e’ passato e di generazione in generazione la saggezza si e’ andata perdendo…”

Ed eccoci qui. Noi non sappiamo quale sia quel luogo nel bosco, non sappiamo quali siano le parole,non sappiamo nemmeno accendere il fuoco come faceva Baal Shem Tov ma conosciamo il racconto e si dice che a Dio piaccia cosi’ tanto questo racconto e gli piaccia cosi’ tanto questa storia che basta che qualcuno la racconti e qualcuno la ascolti perche’ Lui compiaciuto sorrida e ……………………..
…. per un istante si crea un ponte con i colori dell’arcobaleno che mette in collegamento i cuori facendoli suonare allo stesso ritmo, un ritmo che rimane segnato nel corpo.

Questa e’ la “magia” che avviene ogni venerdi sera quando il gruppo “lieto fine” si incontra per recitare…

Alla prossima volta,
Barbara

mercoledì 25 marzo 2009

Il primo incontro


La prima volta che l’ho visto indossava una camicia azzurra, bermuda beige e sandali di cuoio marrone.
I suoi capelli erano color miele e i suoi occhi color cioccolato.
Mi “spiava” da dietro una colonna della sala con uno sguardo bizzarro, accentuato dalle sue folte e caratteristiche sopracciglia, lo vedevo con la coda degli occhi che seguiva ogni mio movimento ed ascoltava quello che dicevo…e poi finalmente si avvicino’. Io ero un po’ emozionata perche’ non ero certa di riuscire ad entrare in relazione con un personaggio cosi’ particolare… mi chinai, per essere all’altezza del suo sguardo, e lui inclino’ la testa verso sinistra, mi fisso’ intensamente negli occhi per un periodo che mi era sembrato quasi insostenibile e ad un certo punto, quando stavo per parlare, mi chiese: “ tu sai costruire un burattino con la carta?”
…dietro quella domanda si nascondeva una “prova di fiducia” che avrebbe deciso la sorte della nostra amicizia…provai allora a fare un burattino sotto il suo sguardo attento e paziente e superai l’esame.
Mi chiese poi di aiutarlo a costruire un teatro di carta…
…ed ecco com’e’ incominciata la mia amicizia con un “piccolo principe“ degli anni 2000…
Ogni settimana ho inventato per lui ed insieme a lui una storia da rappresentare in quel teatro da noi due costruito.

Quando guardo quel teatro ripenso alle storie inventate e provo a riscriverle perche’ non possano essere dimenticate…

L'apparenza inganna

Quando lo vedo mi appare subito un sorriso sulla faccia e provo una sensazione di calore al cuore…Mi avvicino a lui lentamente senza dire nulla, mi siedo accanto e solo allora lui alza gli occhi, mi guarda e tenendoci per mano saliamo i due piani di scale fino ad arrivare alla nostra stanza.
In silenzio, senza parlare vado a prendere il nostro teatro di carta, felice perche’ avevo gia’ in mente una storia per lui ma….

Mi dice che oggi non vuole nessuna storia….non ha voglia di fare nulla e si sdraia sui materassini.

Sorrido e penso che, ancora una volta, mi ha spiazzato!
Pensavo di essere pronta e preparata ed invece … capisco che con lui bisogna semplicemente ESSERCI e affidarsi a cio’ che puo’ accadere senza programmare troppo nel dettaglio…

Mi siedo a gambe incrociate con la schiena appoggiata al muro e guardo verso la finestra: le ombre delle foglie dell’albero formano sulla tenda dei disegni…

Il piccolo principe a quel punto mi viene in braccio e si accoccola nello spazio che si crea tra le mie gambe come fosse fatto apposta per accoglierlo fino ad aderire perfettamente.
Armonicamente “incastrati” come due pezzi di un puzzle restiamo li’ a guardare le ombre.

A volte un po’ di vento muove le foglie in modo tale da farle trasformare in un drago che apre la bocca, poi in un cavallo, poi in una montagna , poi in una donna con i capelli lunghi…a volte ci sono immagini che ci spaventano a volte appaiono figure che ci fanno ridere.
Tutto e’ vissuto come se fossimo un unica persona ….complice lo stretto contatto corporeo…
”empaticamente in sintonia”!

Arriva il momento di salutarci ed io sto per dire che oggi non abbiamo fatto nulla ma in realta’ mi accorgo che anche oggi abbiamo raccontato una storia: la storia della fiducia reciproca… la nostra !

Nel silenzio abbiamo lasciato che le nostre emozioni parlassero utilizzando il corpo ed il linguaggio non verbale e ci siamo detti tante cose…

Dopo averlo salutato, rimango sola in stanza, mi metto alla finestra e, sorseggiando un te’ caldo lascio andare il mio sguardo tra i rami dell’albero… rifletto su quante volte le parole sono un ostacolo ad una “vera” comunicazione, a quanto sia difficile poter comunicare in maniera cosi’ autentica la fiducia tra adullti. ….gia’…. i cosiddetti “adulti” che si iscrivono ai corsi per imparare a comunicare tra loro…ma a che eta’ si “disimpara” a comunicare?

Penso all’ultimo corso fatto che aveva come titolo: “se hai qualcosa da dire parla senno’… taci!” e quindi in silenzio mi finisco il te’ sorridendo…

…Alla prossima volta!

...E la storia comincia...

….eccolo li’: seduto a gambe incrociate sulla sedia, la testa bassa tutto intento a “trafficare” con un pezzo di carta.
Mi fermo ad osservarlo per un po’ rimanendo distante fino a quando improvvisamente alza la testa e i nostri sguardi si incontrano, mi sorride , si alza e mi viene incontro e prendendomi la mano entriamo in stanza.

Mi porge il pezzo di carta che aveva in mano e mi chiede: “oggi mi racconti la storia del camaleonte?”

…e la storia comincia…

Si chiamava Niji ed era una giovane camaleonte. Era la piu’ amata e ricercata nel gruppo, cambiando il colore della pelle si adattava perfettamente ad ogni situazione e stare vicino a lei era molto piacevole. Sempre sorridente, non litigava mai ed era molto generosa e premurosa con tutti.

Un giorno nel gruppo arrivo’ una libellula. All’inizio Niji non ci fece molto caso e come sempre faceva con ogni nuovo arrivato la accolse con grande affetto e calore e la aiuto’ ad inserirsi ma poi, dopo qualche giorno, si accorse che la nuova arrivata stava “guadagnando” un posto centrale all’interno del gruppo e lei non era piu’ al centro dell’attenzione.

Niji divento’ sempre piu’ silenziosa ed incomincio’ ad avere qualche problema… quando la situazione richiedeva il colore giallo lei diventava blu, quando c’era bisogno di verde lei diventava rossa, non riusciva piu’ ad essere all’altezza delle situazioni e lentamente si allontano’ dal gruppo….

Si allontano’ talmente tanto fino ad arrivare sul ramo della civetta Lucilla e si mise a piangere…
…per la prima volta era triste!

Sentendo piangere qualcuno fuori dalla sua casa Lucilla usci’ e ando’ da Niji per chiederle il motivo della sua tristezza:

“sono triste perche’ non sono piu’ al centro dell’attenzione, e questo significa che i miei amici non mi vogliono piu’ bene!”

“Oh mia piccola Niji” disse Lucilla prendendola in braccio “Secondo me questo tuo modo di pensare ti crea problemi e fatiche inutili. I tuoi amici ti vogliono bene anche se non ti mettono al centro delle loro attenzioni. Essere ammirata da tutti non significa sempre essere amati veramente. Cio’ che conta e’ avere l’affetto delle persone che ti sono piu’ vicine, che ti conoscono meglio, che ti accettano per quello che sei e non solo per quello che fai per loro.”

Niji penso’ a lungo alle parole di Lucilla e a quante volte le era risultato faticoso essere sempre simpatica,disponibile e sorridente con tutti.
A volte avrebbe voluto starsene tranquilla ma aveva paura che se l’avesse fatto avrebbe perso l’attenzione dei suoi amici…e questo per lei sarebbe stato insopportabile.

Ora aveva capito che aveva confuso l’attenzione con l’affetto.

Prima di tornare a casa dai suoi amici, Niji ando’ a salutare Lucilla che la lascio’ con queste parole:

“Ricordati piccola Niji che non tutti possono amarti e che probabilmente provando ad essere te stessa perderai qualche amico ma nel momento in cui imparerai a volerti bene vedrai che le cose saranno piu’ facili e sicuramente meno faticose… ora vai… bon courage Niji e grazie per essere arrivata da me.”

Niji pochi giorni dopo rientro’ nel gruppo e fu accolta con una grande festa, i suoi amici le volevano ancora bene anche se si erano accorti del suo cambiamento.

Niji era ancora spesso al centro dell’attenzione ma a volte si allontanava e si metteva su un ramo a godersi un tramonto, a leggersi un libro …da sola… ed era serena perche’ si voleva bene e faceva le cose che la facevano stare bene.

…finita la storia il piccolo principe mi sorrise, piego’ il teatro di carta, lo ripose nel cassetto, si mise le scarpe e senza dire una parola con un bacio sulla guancia mi saluto’…

…alla prossima volta…

...Arrivederci piccolo principe!

Stavo aspettando l’ora del nostro incontro ed ero particolarmente agitata: avrei dovuto dire al piccolo principe che non ci saremmo visti per un po’… non sapevo quando di preciso ci si sarebbe potuti ri-incontrare forse quindici giorni, forse un mese… avrei voluto dargli delle certezze ma non potevo fare promesse che non avrei potuto mantenere.
Avrei trovato il modo giusto per farlo? Le parole giuste?…esistono le parole giuste?…quanti dubbi…

Mentre cercavo nella borsa un fazzoletto trovai una ghianda che qualche tempo prima avevo raccolto nel mio giardino e che tenevo sempre con me come fosse un portafortuna…e guardando quella ghianda mi venne un’idea…

Era ora di andare a prendere il piccolo principe….era l’orario del nostro appuntamento e non potevo tardare o si sarebbe preoccupato…

Dopo i nostri rituali di sempre costruimmo un castello con i cuscinoni e dentro a questo “raccontammo” la storia della civetta Lucilla e del piccolo principe:

—-

…La civetta Lucilla, quella notte, aveva volato fino alla camera dove il piccolo principe era ancora sveglio…era agitato e non riusciva a dormire perche’ il giorno dopo sarebbe partito con la sua mamma ed il suo papa’ per un viaggio.
L’emozione di vedere posti nuovi lo teneva sveglio ma anche la nostalgia che sentiva nel pensare di dover salutare i suoi amici era forte…combattuto tra queste sensazioni si alzo’ dal letto ed ando’ alla finestra.
Sul ramo della quercia c’era la civetta Lucilla con i suoi occhi gialli brillanti che illuminavano la notte, questa notte che al piccolo principe sembrava piu’ buia del solito.
Lucilla gli era sempre stata vicina e lui sapeva che poteva contare su di lei quando aveva brutti pensieri o momenti di tristezza . Lei lo aiutava ad affrontare le paure, lo ascoltava nei suoi racconti, giocava e rideva con lui…

… quella notte parlarono un po’ fino a quando Lucilla decise che era arrivato il momento del saluto.
Lo rassicuro’ dicendogli che anche se non si sarebbero visti per un po’ lui poteva sempre pensarla… si sarebbero pensati insieme ed il pensiero sarebbe stato talmente forte che si sarebbero sentiti vicini lo stesso.
Se una persona e’ vicina al tuo cuore la puoi sentire vicina anche quando non lo e’ perche’ il ricordo e’ nel TUO cuore… detto questo sbatte’ forte le ali e fece cadere una ghianda…e volando via grido’: “buona notte e buon viaggio piccolo!”

Al mattino dopo il piccolo principe trovo’ sul suo cuscino una ghianda…sorrise e penso’ alle parole di Lucilla. Mise la ghianda nella tasca della giacca ed usci’…

—–

Era arrivato anche per noi il momento del saluto: gli chiesi di chiudere gli occhi e di darmi una mano. Misi nella sua mano aperta la ghianda …Quando il piccolo principe apri’ gli occhi e vide cosa c’era nella sua mano: si illumino’ con un sorriso particolare, mi strinse forte e mi diede un bacio…

Buon viaggio piccolo principe…ci vediamo la prossima volta….

martedì 24 marzo 2009

Un sogno mi disse

Qualche tempo fa ho fatto un sogno: sono su un sentiero pianeggiante e sto camminando, ad un certo punto entro in un bosco. I rami degli alberi mi vengono addosso e devo scostarli con le mani ma poi mi accorgo che non sono rami ma sono parole e sono tantissime e diventa quasi impossibile vedere la strada davanti ai miei occhi. Tra tutte quelle parole pero’ riesco a scorgere una mano molto grande: e’ una figura maschile, accetto il suo aiuto, gli prendo la mano mi solleva e mi porta sulla riva di un lago fuori da quel bosco…. mi guardo intorno: non c’e’ piu’ nessuno!… sono sola sulla riva di un lago…mi siedo e mi godo in pace il paesaggio…sono serena.
…dopo quel sogno ho capito che avevo bisogno di un viaggio…un viaggio nel paese del silenzio.
In questo luogo entro in contatto con la mia essenza piu’ autentica, e’ il luogo in cui la mia anima ritrova energia e si ricarica.
Il silenzio spazza via le parole inutili, i luoghi comuni, le etichette che ci vengono “incollate”, il silenzio rende piu’ essenziale, intenso ed efficace il dialogo che segue. Tutto questo mi permette anche di rivalutare l’importanza della parola scritta come comunicazione maggiormente consapevole…scrivere e’ un po’ come disegnare il proprio autoritratto, scrivere consente di prendersi del tempo, di elaborare un pensiero, di lasciare una traccia di quanto si sta vivendo, di rallentare il ritmo…di gustarsi l’attimo.

Mi passa per la mente un immagine….chiudo gli occhi e cerco di vederla meglio:

…C’e’ una donna con un cappello di paglia che se ne va in giro per strada con un cesto che contiene dei semi. Ci sono semi di fiori che durano un giorno, semi di piante molto rare e delicate, semi di piante che non hanno bisogno di molte cure, semi di alberi da frutto, semi di piante secolari…ogni seme e’ diverso dall’altro e sono tutti mescolati tra loro dentro al cesto.
Ogni volta che incontra un’altra persona gliene dona uno, senza dire nulla, semplicemente sorridendo …

Riapro gli occhi e penso agli incontri che ho ogni giorno sia a livello professionale che personale …e fantastico sui semi che ho donato e ricevuto fino ad ora…
…Penso alla rosa del piccolo principe …..e a quante volte io ho messo in terra il seme ed ho cercato di farlo diventare un albero in fretta, per la curiosita’ di vederlo… poi pero’, questo albero cresciuto cosi’ velocemente e’ risultato essere senza radici abbastanza solide ed e’ crollato al primo soffio di vento e cio’ che mi era sembrato il seme di una quercia era in realta’ il seme di un semplice fiore: bello da ammirare ma anche veloce ad appassire.
Altre volte il seme l’ho interrato con cura ma nulla e’ mai nato ed ho passato del tempo a chiedermi se questo fosse dipeso dal terreno, dall’acqua o dal seme stesso.
Accade pero’ anche che a volte il seme sembra gia’ portare in se’ una straordinaria bellezza ed allora lentamente, una goccia al giorno aspetto che cresca e mi godo momento per momento perche’ davanti a quei semi mi ricordo che non e’ il traguardo ma e’ il viaggio che racchiude in se’ la vera felicita’ …

…purtroppo o forse per fortuna non c’e’ nessuna ricetta vincente nel coltivare questi semi perche’ ognuno e’ unico ed irripetibile ed i semi “morti” o persi servono per poter accogliere i semi che aspettavano gia’.
…Ma una cosa e’ certa: quando tanti semi straordinari vengono piantati vicini nello stesso terreno si puo’ ammirare uno splendido bosco in cui una strana e meravigliosa energia si crea ….e tutto diventa possibile in quell’istante…

A tutti i boschi in cui ho potuto passeggiare e nei quali ho potuto respirare, a tutte le persone che ho incontrato sul mio sentiero che siano state dei fiori o degli alberi secolari…grazie!

Ed ora penso al mio cognome (Boschi) e penso al fatto che ogni pianta “vera” che entra in casa muore se non c’e’ Andrea a salvarla e seguirla ed allora sorrido e mi viene da prendemi non troppo sul serio…perche’ l’atteggiamento ludico e’ cio’ che mi contraddistingue anche nei momenti di riflessione e serieta’…

alla prossima volta
B.B.

lunedì 23 marzo 2009

...et voila'

Questa e’ la strada che porta al mare

a un mare di emozioni forti,contrastanti

a schiodare i sensi dal torpore…

…perche’ la’ in mezzo al mare

c’e’ quella barca che aspetta di salpare..



(Sursumcorda)

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