domenica 28 febbraio 2010

La storia dell'equilibrio

 

C'era una volta, nell'isola del vento, una bambina di nome Ariel.
Quando era nata, i suoi genitori le avevano regalato un piccolo pezzo di terra che lei aveva trasformato nel "suo" giardino.
Tutti i giorni, tornata da scuola, andava in giardino a trovare le sue piante, a controllare come stessero e spesso restava interi pomeriggi a leggere, colorare o semplicemente a  riposarsi all'ombra della quercia che si trovava proprio al centro.

Sapendo della sua passione, riceveva spesso in regalo nuove piante di cui prendersi cura....piante rare e particolari.

L'ultima ricevuta era una pianta di bambù...

Ariel aveva messo questa nuova pianta vicino ad un'altra che lei chiamava la "pianta di vetro". Osservando le  due piante vicine si rendeva conto di come reagivano in maniera diversa al vento: la pianta di vetro si spezzava a meta' e perdeva tutti i fiori. Aveva bisogno di cure, di fertilizzanti da mettere alle radici, di sostegni ai lati del tronco, dopo un po' di cure pero' , questa piantina le regalava di nuovo fiori ...fino alla prossima folata di vento....
Il bambu, invece, iniziava ad ondeggiare a volte anche velocemente, ma non si spezzava mai...a volte ondeggiava anche quando il vento era cessato, a volte assumeva posizioni nuove come se fosse gia' pronto ad accogliere un nuovo tipo di vento o come se facesse memoria di venti passati...
Ariel trovava questa pianta elegante, semplice, affascinante...intelligente...e mentre era incantata a guardare il bambù, non si accorse che c'era un'anziana signora dai tratti somatici orientali  che stava osservando lei...

"Sai come chiamano questa pianta nel mio paese? La pianta dell'equilibrio...impara da lei a perdere l'equilibrio..."

.........................................Ariel credeva che la quercia fosse quella da cui doveva imparare....ma forse c'e' ancora tempo per diventare quercia.....


                                                             ******************

"L'equilibrio, in realtà, dipende più dalla capacità individuale di recuperarlo quando lo si è perso, piuttosto che dall'abilità a non perderlo
". ...cosi' dice il capitolo della dispensa di psicomotricita'  sul sistema propriocettivo e sugli esercizi per l'equilibrio....ma a me piaceva di piu' raccontarvelo con un viaggio di  fantasia...;-)

Sono tanti i modi per lavorare sull'equilibrio..."ad ognuno il suo"... ma questa, del resto non e' una grande novita'...;-)

alla prossima volta,
bb

sabato 27 febbraio 2010

L'elefante incatenato

 


Appena sveglia da un pisolino pomeridiano, ancora intorpidita,  rifletto a letto e mi perdo nei pensieri....
Rivedo alcune situazioni e mi viene in mente la storia dell'elefante incatenato che piu' volte ho utilizzato in terapia o anche nelle "chiacchiere di aiuto tra amici"....
Libro alla mano...eccolo qua per voi... :-) 
buona lettura


L'elefante incatenato
«Non posso» gli dissi. «Non posso! »
«Ne sei sicuro?» mi chiese lui.
«Sì, mi piacerebbe tanto sedermi davanti a lei e dirle quello che provo… Ma so che non posso farlo»
Jorge si sedette come un Buddha su quelle orribili poltrone azzurre del suo studio. Sorrise, mi guardò negli occhi e, abbassando la voce come faceva ogni volta che voleva essere ascoltato attentamente, mi disse:
«Ti racconto una storia…»
E senza aspettare il mio assenso Jorge iniziò a raccontare.
 
Quando ero piccolo adoravo il circo, mi piacevano soprattutto gli animali. Ero attirato in particolar modo dall’elefante che, come scoprii più tardi, era l’animale preferito di tanti altri bambini. Durante lo spettacolo quel bestione faceva sfoggio di un peso, una dimensione e una forza davvero fuori dal comune… Ma dopo il suo numero, e fino a un momento prima di entrare in scena, l’elefante era sempre legato a un paletto conficcato nel suolo, con una catena che gli imprigionava una delle zampe.
Eppure il paletto era un minuscolo pezzo di legno piantato nel terreno soltanto per pochi centimetri. E anche se la catena era grossa e forte, mi pareva ovvio che un animale in grado di sradicare un albero potesse liberarsi facilmente di quel paletto e fuggire.
Era davvero un bel mistero.
Che cosa lo teneva legato, allora?
Perché non scappava?
Quando avevo cinque o sei anni nutrivo ancora fiducia nella saggezza dei grandi. Allora chiesi a un maestro, a un padre o a uno zio di risolvere il mistero dell’elefante. Qualcuno di loro mi spiegò che l’elefante non scappava perché era ammaestrato. Allora posi la domanda ovvia: «Se è ammaestrato, perché lo incatenano?».
Non ricordo di avere ricevuto alcuna risposta coerente. Con il passare del tempo dimenticai il mistero dell’elefante e del paletto, e ci pensavo soltanto quando mi imbattevo in altre persone che si erano poste la stessa domanda.
Per mia fortuna, qualche anno fa ho scoperto che qualcuno era stato abbastanza saggio da trovare la risposta giusta:
 
L’elefante del circo non scappa perché è stato legato a un paletto simile fin da quando era molto, molto piccolo.
 
Chiusi gli occhi e immaginai l’elefantino indifeso appena nato, legato al paletto. Sono sicuro che, in quel momento, l’elefantino provò a spingere, a tirare e sudava nel tentativo di liberarsi. Ma nonostante gli sforzi non ci riusciva perché quel paletto era troppo saldo per lui.
Lo vedevo addormentarsi sfinito, e il giorno dopo provarci di nuovo, e così il giorno dopo e quello dopo ancora…
Finché un giorno, un giorno terribile per la sua storia, l’animale accettò l’impotenza rassegnandosi al proprio destino. L’elefante enorme e possente che vediamo al circo non scappa perché, poveretto, crede di non poterlo fare.
Reca impresso il ricordo dell’impotenza sperimentata subito dopo la nascita.
E il brutto è che non è mai più ritornato seriamente su quel ricordo.
E non ha mai più messo alla prova la sua forza, mai più…
 
«Proprio così, Demian. Siamo un po’ tutti come l’elefante del circo: andiamo in giro incatenati a centinaia di paletti che ci tolgono la libertà.
Viviamo pensando che “non possiamo” fare un sacco di cose semplicemente perché una volta, quando eravamo piccoli, ci avevamo provato e avevamo fallito.
Allora abbiamo fatto come l’elefante, abbiamo inciso nella memoria questo messaggio: Non posso, non posso e non potrò mai.
Siamo cresciuti portandoci dietro il messaggio che ci siamo trasmessi da soli, perciò non proviamo più a liberarci dal paletto.
Quando a volte sentiamo la stretta dei ceppi e facciamo cingolare le catene, guardiamo con la coda dell’occhio i paletto e pensiamo:
 
"Non posso e non potrò mai."
 
Jorge fece una lunga pausa. Quindi si avvicinò, si sedette sul pavimento davanti a me e proseguì:
«E’ quello che succede anche a te, Demian. Vivi condizionato dal ricordo di un Demian che non esiste più e che non ce l’aveva fatta.
L’unico modo per sapere se puoi farcela è provare di nuovo mettendoci tutto il cuore… tutto il tuo cuore!».

tratto dal libro di Jorge Bucay "Lascia che ti racconti"


...lo lascio cosi' senza commenti... a voi di farne il miglior uso possibile.

alla prossima volta,
bb

venerdì 26 febbraio 2010

...dalla bolla alla giostra...

 

 ...e dalla "mia" bolla, poco dopo mi ritrovo in giostra...

Una bella giostra, di quelle "alla Mary Poppins", di quelle che  girano lentamente, che ti regalano un movimento circolare che ti culla, che ti fa stare bene, al quale ci si abbandona volentieri....

....ma....

...ma quando si scende, la testa gira e camminare su una linea dritta risulta un po' difficoltoso...si perde l'equilibrio, si ondeggia un po' qua un po' la.... :-)

Non e' nulla di grave .... al contrario, tutto questo diventa la possibilita' di sperimenatare il cosidetto "disequilibrio" necessario per trovare e ritrovare l'equilibrio perduto...un nuovo equilibrio.

E questa fase di disequilibrio che mi ha "costretto" a stare a casa ferma, si trasforma anche  in opportunita' di approfondire l'argomento equilibrio...e preparare una bella lezione per la prossima settimana da fare all'ombra del guerriero rosso ;-)


.............quante volte con un bambino in braccio ho girato a lungo e forte su me stessa per far provare quella sensazione "di pancia e di testa"  per poi stare sdraiati a terra e guardare il soffitto che gira velocemente, poi sempre piu' lentamente fino a fermarsi....probabilmente qualche mano invisibile l'ha fatto con me...sara' stata sicuramente una psicomotricista... ;-)

alla prossima volta,
bb

martedì 23 febbraio 2010

...In una Bolla...

..."Ciao, come stai?"....
..."..... in una bolla... ;-) "

.....cosa succederebbe se un giorno rispondessi cosi'  a questa domanda?

...ma poi....
ci interessa veramente come sta l'altro o e' una frase che tira l'altra? 

Ascoltiamo veramente la risposta quando facciamo questa domanda?
...e se l'altro sta male, abbiamo veramente tempo e voglia per ascoltarlo?
 ...per non parlare di quando dichiariamo gia' direttamente  un bel.... "ciao, tutto bene?"...come poter rispondere se non ..."si certo"...
...ma tutto questo mi porta lontano da cio' che vi volevo scrivere...

Fortunatamente ci sono sulla mia strada tante persone che veramente hanno voglia di sentire come sto...e non hanno bisogno di chiedermelo perche' lo capiscono dai miei occhi...ed accettano che un giorno io sia felice ed un giorno no...(anche questo non e' da tutti)...senza chiedermi nulla...sanno starmi accanto nonostante tutto...mi prendono cosi' a "scatola chiusa"...cosi' come sono...che fortuna...

e a loro va tutta la mia gratitudine...

....mi dicono che "sono bella" anche dopo una giornata intensa di lavoro e quando sono senza trucco...

Io ....da qualche giorno avrei voglia di rispondere a questa domanda cosi':

"come sto? in una bolla!" ;-)

ed ho la fortuna di potermelo permettere perche' sono un po' folle, un po' artista e a me certe cose son permesse...;-)

Ed io veramente come sto?.... come in una  bolla...si' nella bolla della gratitudine...
perche' sto facendo cio' che mi piace e sono circondata da persone che mi voglion bene...
e mentre faccio cio' che mi piace...
e sono cio' che sono...
riscontro dei pareri favorevoli ed allora non posso che continuare...

perche' "STO BENE" ... SI' IO STO BENE..
anche se la strada per me e' in salita ed ogni tanto mi manca mi il fiato....

IO STO BENE...Finalmente...

Certo che faccio fatica .... ma faccio fatica con piacere...

Presente e assente dalla mia bolla io sto bene...

...mentre viaggio leggera nella bolla della gratitudine...io sto bene...

mentre faccio ridere e regalo sorrisi a bambini che non so quanto vivranno... IO STO BENE...

Io ricevo tanto...molto piu' di quel che do'...e sto bene..
....sto bene nel dare e nel ricevere e non mi vergogno nel dirlo e nel scriverlo...

.... non si impara solo dai dolori,  a volte anche dalle cose belle si possono conoscere dei segreti meravigliosi.... e di cose belle ultimamente me ne stanno accadendo tante...e per loro, per tutte queste cose belle,.... "rischio" come un Don Chisciotte...perche' se lo meritano...


alla prossima volta,
bb

venerdì 19 febbraio 2010

In un giorno di pioggia




"Un vecchio compagno ti segue paziente, il mare si sdraia fedele ai tuoi piedi,
ti culla leggero nelle sere d'inverno, ti riporta le voci degli amanti di ieri.
E' in un giorno di pioggia che ti ho conosciuta,
il vento dell'ovest rideva gentile e
in un giorno di pioggia ho imparato ad amarti mi hai preso per mano portandomi via.
E in un giorno di pioggia ti rivedrò ancora
e potrò consolare i tuoi occhi bagnati."


Al prossimo giorno di pioggia,
bb

lunedì 15 febbraio 2010

Un'anima elegante

"Per avere labbra attraenti,pronuncia parole gentili.

Per dei begli occhi, cerca il buono che c'è nelle persone.

Per una figura snella, dividi il tuo cibo con gli affamati.

Per capelli splendenti, lascia che un bambino li accarezzi una volta al giorno.

Per il portamento, cammina con la convinzione che non cammini mai sola.

Ti lasciamo una tradizione con un futuro.

L'amore per gli esseri umani non diventerà mai obsoleto.

Le persone, ancor più degli oggetti, hanno bisogno di essere restaurate, rinnovate, ravvivate, reclamate e redente e redente e redente.

Non buttare mai via nessuno .

Ricordati che se hai bisogno di una mano, ne troverai una proprio in fondo al tuo braccio.

Man mano che crescerai, scoprirai che di mani ne hai due : una per aiutare te stessa, l'altra per aiutare gli altri.

Ti aspettano giorni meravigliosi, che tu ne possa avere molti di fronte a te"

Tratto da : " Audrey Hepburn. Un'anima elegante. Nel ricordo di suo figlio "  

Dedicato a tutte le donne e gli uomini che mi sono accanto , vicini e lontani , e che con i loro pensieri mi regalano la forza e l'energia per proseguire.

Grazie.

Alla prossima volta,

BB

sabato 13 febbraio 2010

Un dono ed una responsabilita'

 

Tra realta' e fantasia esiste un luogo, e' il luogo del non - spazio e del non - tempo...

Oggi vi racconto la storia di Agata, una bambina  vivace, solare e molto popolare nel paese.
Era "famosa" non solo per la sua allegria ma anche per il fatto che quando andava  in giro  salutava tutti con un suono particolare,  simile al canto delle cicale e questo suo suono diventava  come una calamita che  attirava gli sguardi che lei prontamente  ricambiava con un sorriso ...

La nascita di Agata  porta la pace all'interno di una famiglia: grazie a lei, figlio e madre (papa' e nonna di Agatra) ritrovano un dilaogo perso da tempo, si perdonano.

.......Nella culla di Agata un carillon fatto a mano dal nonno con tanti piccoli specchietti colorati........

Agata cresce e crescendo  si imbatte , come tutti, in successi e difficolta', ma non e' di quelli che vi voglio raccontare.

All'eta' di 9 anni Agata incontra l' "uomo nero" che la fa sprofondare nell'ombra del silenzio e del segreto...

Un segreto che tiene dentro di se' per tanti, tantissimi anni, anni in cui la paura lavora fino a trovare un posto nell'anima e iniziare a colorarla di nero ...fortunatamente, come spesso accade nella vita, Agata trova il coraggio, la forza e la dolcezza per tirare fuori quel segreto e lentamente iniziare a colorare di giallo, di arancione, di rosso, di verde, quello spazio dell'anima.
Decide pero' di lasciare un puntino nero, come simbolo di quell'esperienza che non puo' essere cancellata ma dalla quale  puo' trarre la forza.

Lentamente  l'espressione del suo viso si modifica e  torna ad essere quella dei primi anni di vita.

Lentamente torna sulle tracce della sua infanzia e ritrova il dono che le era stato fatto: uno specchio che era appartenuto alla sua nonna paterna.

.......Nella culla di Agata un carillon fatto a mano dal nonno con tanti piccoli specchietti colorati........



Prosegue nel suo cammino di crescita, portando sempre con se'  quello specchio che le permette di vedere le cose e le persone in maniera differente e che a volte le permette di aiutare gli altri donandole una grande forza ed una "strana" serenita'.

A volte lo specchio, pero',  le fa vedere cose che non vorrebbe mai vedere, altre volte le rimanda un'immagine che non capisce, che la spaventa....a volte lo specchio diventa cosi' pesante da portare e sopportare e presa dalla stanchezza e dalla paura  cerca di abbandonarlo dopo aver provato a romperlo...

....................................................................................

Quello specchio non si puo' rompere, le appartiene , e' il "suo" dono e...ogni dono ha una responsabilita', bisogna accettarlo.Sono passati deglia anni ed Agata ora ha capito.

Nel momento in cui  inizia ad accettare questa realta', accanto a lei arrivano persone che come lei hanno delle responsabilita'e, per quanto ognuno abbia  delle responsabilita' diverse e strade diverse da percorrere ci si sente meno soli al pensiero di poter fare una pausa sorseggiando del te' insieme ad altri "specchi"....

Ogni tanto, quando sente il peso di quello specchio, entra nella casa di sua nonna, si siede al suo posto e, sul grande tavolo della sala, fa i solitari con le carte proprio come faceva sempre quando era piccola e le sembra di sentire ancora le frasi che la nonna le ripeteva: "tu hai la fortuna nelle mani... gira tu le carte per me... "

...e anche questa volta il solitario e' riuscito, Agata lo lascia sul tavolo completato, si alza, chiude la porta e  va a salutare i pomodori nell'orto mentre dalla finestra della camera si sente arrivare una musica...

Lo specchio e' sempre con lei...fa parte di lei.

.......Nella culla di Agata un carillon fatto a mano dal nonno con tanti piccoli specchietti colorati........



alla prossima volta,

BB



Il gioco del pagliaccio




"...ma in fondo io sto bene qua...
...provando in quel che sono un po' di liberta'..."

Questa volta le parole le lascio a voi... ;-)

alla prossima volta,
bb

giovedì 11 febbraio 2010

L'arte di togliere le frecce

Rifletto allo specchio (non resisto ai giochi di parole) sul grande potere delle parole.

Le parole di affetto, di stima, di gioia, di gratitudine  arrivano direttamente sul corpo e fungono da carezze verbali. Sollevano in tempi difficili, fanno piacere, ci sorprendono e, come dice la mia amica Marisa:  "sono dei  wonderbra per il cuore"... ;-)

Ma non sempre e' cosi'....a volte accade il contrario: ed ecco che le parole diventano coltelli, frecce e vanno a colpire le parti piu' fragili e piu' esposte di noi.

Se si e' piu' o meno preparati al conflitto puo' essere che ci si ritrovi con uno scudo in mano e forse qualche freccia verra'  bloccata e qualcun'altra rimandata al mittente, ma se si viene colti di sorpresa e' probabile che tutte le frecce possano trovare un varco e fare centro.

Il dolore della freccia che entra nel corpo  e' un dolore rapido e preciso che fa cadere il corpo a terra e lo lascia immobile, contratto...senza parole.

Apparentemente e' quello il momento piu' doloroso, il momento in cui magari qualcuno ti da' la mano per risollevarti e confortarti, ma non e' quello il momento in cui si impara.

Il momento piu' doloroso e' quando da soli, lentamente e con cura bisogna togliere la freccia.

A volte passano anni prima che sia possibile, a volte passano solo giorni, ad ogni modo la freccia va tolta per poter imparare e far guarire la ferita.

Sembrera' strano ma fa piu' male togliere la freccia che riceverla, richiede piu' tempo e piu' dolore.
Quel tempo e quel dolore sono necessari per imparare, per guadagnare un passo in avanti nel proprio percorso...perche' poi, una volta tolta la freccia,  la ferita guarisce....e si cresce.

...e crescendo si impara l'arte di togliere le frecce.

...............................

Ho da poco tolto una freccia ed ho da poco "rinnovato" la mia identita' professionale e cosi' chiudo questa pagina e guardo dritto davanti a me....davanti....non piu' in alto ne' piu' in basso...DAVANTI...sperando di non perdere mai l'umilta' e la voglia di confrontarmi ed imparare...

il dolore e' quasi del tutto svanito, ancora una notte e via. :-)

alla prossima volta ed alla prossima freccia...
bb

mercoledì 10 febbraio 2010

Conversazioni all'ombra del guerriero rosso -Testa Cuore e Corpo -


Esiste un luogo, non molto lontano da casa, dove mi ritrovo con altre persone all'ombra di un guerriero rosso...
In quel luogo il tempo scorre con lentezza e tranquillita', le luci sono soffuse e le conversazioni diventano spesso profonde e leggere allo stesso tempo...."lasciano un segno nel cuore con leggerezza"...
In quel luogo si lavora con il corpo e con la mente in un'armonica unione consapevole ...e mentre si lavora  nascono conversazioni in parte illuminate dallo spirito del guerriero rosso ....

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Qualcuno afferma che spesso, se la testa va dove la porta il cuore, nulla di male puo' succedere, ed in ogni caso, si puo' avere la forza per superare gli ostacoli. 
Quando il cuore e la testa seguono itinerari separati ecco che il corpo parla e si "spezza"...

Ci sono tanti modi  per rimettere a posto il corpo, ma quello piu' efficace, anche se piu' lungo e doloroso, risulta essere quello di far tornare insieme testa e cuore e fargli percorrere la stessa strada .

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alla prossima conversazione,
bb





Mani


Attraverso le mani si scopre il mondo incontrando l'altro.

Le mani parlanocon il loro linguaggio particolare fatto di gesti, di movimenti fini e delicati.

Alcune mani sanno anche ascoltare.

Due mani capaci di sentire quando si incontrano, si riconoscono.

Dalle mani si passa agli occhi e dagli occhi si passa al cuore: la ricarica è stata effettuata :-)

Alla prossima volta,

BB

domenica 7 febbraio 2010

Maestri e Allievi

15 Giugno 2009
"Tra realta' e fantasia esiste un luogo.E' il luogo del non- spazio e del non- tempo.
E' il luogo in cui incontro personaggi particolari che si rifugiano qui per scappare o per prendere una pausa dalla loro quotidianita'.
C'e' una coppia di personaggi che mi affascina in particolar modo e resto ad osservarli spesso non appena ne ho l'occasione...
Lei e' una bambina di circa 8 anni e lui e' un uomo di un eta' non definibile a volte un ragazzino a volte un vecchio. La bambina e' sempre vestita di bianco e l'uomo sempre di nero e vederli insieme e' molto bello perche' nel momento in cui si incontrano si crea un arcobaleno attorno a loro che li tiene legati e protetti dalle interferenze degli eventuali "passanti".
S i ritrovano su una collina verde e restano a chiacchierare per ore...."
..........ma questo racconto prosegue nel post del 15 Giugno 2009

E' passato del tempo da quella data  ed alcune cose si sono modificate ma loro due continuano a vedersi e farsi lunghe chiacchierate che ho il piacere e l'onore di restare ad ascoltare.

Oggi la bambina e' particolarmente agitata e confusa e fa domande al suo Amico con la A maiuscola:

"Qual e' la strada giusta da percorrere per divenatre maestri? Saro' una maestra io?" la bambina si sta interrogando su queste domande e sul suo essere maestra e allieva contemporaneamente.

"Tu sei gia' una maestra" risponde l'uomo che oggi invece e' molto calmo e sereno.

"Ma come e' possibile? Sono piccola e ho ancora un sacco di cose da imparare!"

"Certo, hai ancora molte cose da imparare, ma hai gia' lo spirito giusto.
 Il maestro non e' chi non ha piu' nulla da imparare, e' chi ha appreso la tecnica, e' chi studia la teoria e lavora su se' stesso non smettendo mai di essere al tempo stesso allievo e maestro.

Ci sono maestri che sono dotati di "quel" particolare carisma e sono in grado di trasmettere all'allievo in maniera immediata, semplice e pura andando in profondita', ci sono maestri che riempiono le stanze e le menti di parole, di nozioni, di tecniche (anche quelle servono), ci sono maestri che mettono in difficolta', fanno sentire il disagio, sono rigidi e duri negli insegnamenti, ci sono maestri che coccolano, che  prendono in braccio e ci sono maestri che stanno al fianco, danno la mano e aspettano pazienti che sia l'allievo a fare i passi sulla propria strada, ci sono maestri che indicano la via ed altri che lasciano che sia l'allievo a sceglierla..."

"Ok, ho capito dove vuoi arrivare: ci sono vari tipi di maestri e ognuno incontra il maestro che si merita" lo interrompe la bambina .

Restano in silenzio per alcuni minuti guardandosi negli occhi, ed intanto io lascio entrare in me quelle parole sperando di riuscire a ricordarmele.

L'uomo poi aggiunge, come concludendo un discorso appena fatto in silenzio: "Amica mia, ci vuole coraggio sulla strada in cui sei. Il coraggio di cui parlo non ha nulla a che fare con il rischio ma con  il raggio nel cuore (cor-aggio) e tu quel raggio devi saperlo alimentare, mantenere e proteggere da chi cerchera' di spegnertelo."


...tornata alla mia realta', l'immagine del raggio nel cuore, che avevo gia' sentito da qualche parte ma non ricordo dove, mi fa compagnia mentre guardo fuori dalla finestra e vedo due segni particolari nella neve...sorrido all'idea che siano stati fatti da loro due...ovvio che non e' cosi' ma a me piace pensarlo ;-)
alla prossima volta,
bb

venerdì 5 febbraio 2010

Chiacchiere tra Clown


Qualche giorno fa Miriam mi ha virtualmente portato a fare un viaggio al circo e la sua metafora sul "circo della vita" mi ha fatto ripensare ad alcuni personaggi che vivono in quel luogo: clown e giocolieri....

L'immagine del clown che fa sorridere e che nasconde con trucco e naso rosso un lato triste viene spesso  utilizzata  in vari contesti a torto o a ragione e non saro' certo io a scriverne ancora.

Io penso a quei clown che girano per il mondo senza naso rosso e trucco ma che per lavoro e per "carattere" hanno la capacita' di trovare sempre un modo per far sorridere ed alleggerire i pesi delle persone che incontrano.
Quando poi si ritrovano soli davanti allo specchio svelano un altro lato non necessariamente triste ma "altro", un lato che pochi possono vedere e avere la forza di sopportare.
Una lettura superficiale potrebbe far pensare ad una doppia faccia, alla falsita', in realta' si tratta del lato nascosto dal quale i clown traggono forza per poter essere quello che sono.

Io so per certo che i clown quando fanno divertire si divertono, e quando sono seri lo sono per davvero e in quei momenti riescono a raggiungere i luoghi profondi nell'oceano delle emozioni ...

E quando i clown si incontrano tra loro cosa succede? Cosa si dicono? Di cosa parlano? Sono seri o scherzano?

.......... forse i clown quando si incontrano semplicemente si riconoscono, si specchiano uno nell'altro e vanno oltre il trucco, forse non si dicono nulla e muti come pesci si godono una passeggiata nel mare....vicini ma ognuno sulla propria strada.

e i giocolieri? Di loro scrivero' un'altra volta.

alla prossima nuotata,
bb

P.s. andate a fare un giro nel blog di Miriam (che trovate nella colonna a lato tra i miei preferiti) un blog sospeso nel tempo...;-)

martedì 2 febbraio 2010

...E buio fu...

Fine della giornata, stanca, cerco, con una doccia calda, di togliermi questa strana sensazione di tristezza che mi e' rimasta attaccata alla pelle ....
...vorrei sapere da dove viene e perche' non se ne va...la stanchezza ci puo' stare e la posso anche capire, ma la tristezza no, "questa tristezza" non e' la mia solita malinconia con la quale convivo bene, e' diversa...forse e' la conseguenza di qualche "addio terapeutico" al lavoro, forse e' la conseguenza di un senso di impotenza in alcune situazioni professionali..........  e mentre "mi analizzo" .......di colpo il buio in casa!

...e' saltata la luce...

Sono a casa da sola e sotto la doccia...AL BUIO... sono talmente stanca che non  penso piu', smetto di chiedermi il perche' e faccio  scivolare via queste sensazioni come l'acqua sulla mia pelle...resto sotto la doccia.

Poco dopo la luce torna ed io continuo a restare sotto la doccia...  mi viene in mente la frase di Watzlawick: "guardarsi dentro rende ciechi"...  rido.

...bene, credo se ne sia andata...non ci voleva molto, in fondo...solo un black - out... ;-)


al prossimo "straripamento",
bb

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